LA SCELTA DEL METODO PER LA MISURAZIONE DELLA TEMPERATURA CORPOREA NEL PAZIENTE RICOVERATO IN TERAPIA INTENSIVA: UNA REVISIONE DELLA LETTERATURA

AUTORE:

PERON PAOLO*
Laurea di I livello nel 2005
Master in Infermieristica in Area Critica nel 2008

*Infermiere presso l’U.O. di Cardiologia dell’Ospedale di Circolo Fondazione Macchi di Varese. (dal 1/4 dovrei trasferirmi presso l’U.O. di Neurianimazione del medesimo ospedale

ABSTRACT

PREMESSA: La misurazione della temperatura corporea (TC) nel paziente di terapia intensiva è parte dell’assistenza infermieristica di routine e, il dato ottenuto, è discriminante per numerose scelte diagnostiche e terapeutiche. Esistono diversi presidi coi quali è possibile rilevare la temperatura e diverse sono le sedi corporee disponibili; il contesto clinico attuale è disomogeneo nelle nostre rianimazioni dove non esiste una pratica uniforme. SCOPO: L’obiettivo di questo elaborato è capire se esiste un metodo più adatto di altri da usare e consigliare nel paziente critico e conoscere le caratteristiche che fanno di tale strumento una sicurezza assistenziale. METODI: Partendo dalla ricerca bibliografica effettuata su banche dati on line, sono stati selezionati e revisionati gli articoli pertinenti all’argomento rispettanti i criteri d’inclusione prefissati. RISULTATI: Da molti anni diverse unità operative intensive hanno prodotto lavori riguardanti la scelta del metodo per il monitoraggio della TC andando ad analizzare l’accuratezza e precisione di presidi invasivi e non. Punto di partenza della maggioranza dei trials è l’uso dell’arteria polmonare, o comunque di una grossa arteria, quale sede d’eccellenza; presidi quali lo Swan Ganz o il Pulse-induced Contour Cardiac Output (PiCCO) vengono ritenuti i più adatti per ottenere un dato sicuro, veritiero e preciso. La temperatura misurata in arteria polmonare diventa così valore di riferimento rispetto a quella rilevata in altre sedi, meno cruente, quali la vescica, la bocca, l’ascella, l’orecchio così come per altri metodi coi quali è possibile ottenere il dato. Dai diversi studi si possono ricavare le qualità essenziali e fondamentali per supportare la scelta di un termometro: l’accuratezza, l’affidabilità, l’economicità, la sicurezza, il ridotto tempo necessario per ottenere il valore, il minor disagio per il paziente e la facilità di utilizzo. CONCLUSIONI: La letteratura è concorde nel ritenere la temperatura rilevata in arteria polmonare, femorale o brachiale il gold standard; non si esprime invece in modo del tutto unanime sulla scelta da fare in sua assenza. E’ supportato l’utilizzo, come prima alternativa, del catetere vescicale con sonda termica, in seconda istanza il termometro elettronico orale, quello timpanico e la misurazione riferita all’arteria temporale. Non è invece raccomandato l’utilizzo del termometro a mercurio. Ulteriori studi sono comunque necessari per confermare quello che per ora è solo un consiglio per la pratica clinica assistenziale.

PREMESSA

Tra i parametri vitali rilevabili in una persona, insieme a pressione arteriosa, frequenza cardiaca e frequenza respiratoria, troviamo la temperatura corporea. Il fatto stesso che sia considerato di importanza vitale per ogni essere umano sottolinea la rilevanza di questo dato, il quale assume ancora più spessore se misurato in un paziente in condizioni critiche ricoverato in terapia intensiva.
Per la professione infermieristica il valore aggiunto viene dato dai modelli concettuali di riferimento, soprattutto dal Modello delle Prestazioni Infermieristiche (1), che sottolinea l’attenzione con la quale va misurato il dato e l’assistenza per mantenere i valori nella norma; tutto questo raggruppato nel bisogno di assistenza infermieristica di funzione cardiocircolatoria che l’infermiere assicura con diverse azioni e atti (2).
L’attenzione in questo elaborato verrà dunque posta sul monitoraggio della TC nella ristretta categoria dei pazienti ricoverati in terapia intensiva, un processo accurato che permette di rilevare in maniera precisa e sicura stati di ipotermia, normotermia o febbre.
La scelta di approfondire questo argomento nasce dal contesto clinico attuale, che si rivela problematico. Infatti, nei reparti di terapia intensiva, non vi è un metodo comune per la rilevazione del dato. Dal colloquio con infermieri e coordinatori di rianimazioni del nord Italia, ai quali è stato chiesto quale fosse il presidio usato nella loro unità operativa per misurare la TC, se il monitoraggio veniva fatto in continuo e, se a conoscenza, le motivazioni per cui è stato adottato quel tipo di strumento, sono state raccolte informazioni discordanti (Tab.1).

Tabella 1. Esempio di contesto clinico problematico nella regione Lombardia.

A.O.

(PROV.)

UNITA’

OPERATIVA

PRESIDIO MAGGIORMENTE

UTILIZZATO

MONITORAGGIOCONTINUO

X (CO)

T.I. Generale

Termometro ascellare a mercurio

Catetere vescicale

NO

(si se CV in sede)

Y (MI)

T.I Generale

Sonda Nasofaringea

Catetere Vescicale

Termometro ascellare a mercurio

SI

Z (VA)

T.I. Generale

Termometro ascellare a mercurio

NO*

 

A (MI)

T.I. Neurochirurgica

Termometro ascellare a mercurio

NO*

 

B (VA)

T.I. Neurochirurgica

Catetere vescicale

Termometro timpanico

SI

(no se timpanico)

C (BG)

T.I. Neurochirurgica

Sonda termica inguinale

SI

D (LC)

T.I. Neurochirurgica

Termometro ascellare a mercurio

Sonda termica ascellare

NO*

 

* Il monitoraggio continuo viene effettuato se presenti in sede i presidi PiCCO o Swan Ganz, utilizzati solo in pazienti emodinamicamente instabili).

La motivazione circa l’utilizzo di un metodo piuttosto di un altro non è quasi mai stata fornita, semplicemente alcuni colleghi hanno affermato che l’azienda ospedaliera dove lavorano fornisce loro quel presidio, e non si sono mai interrogati se quello fosse il più adatto per i loro pazienti.
Attualmente non vi è un metodo comune per rilevare la temperatura corporea dei pazienti critici e questo, come risalta dalla tabella, non dipende dall’ambito di specializzazione delle unità operative.

SCOPO

La disomogeneità delle risposte, la frequente mancanza di motivazioni circa la scelta del presidio e quanto riscontrato nella pratica clinica sono confluite quindi nel quesito che sta alla base dell’elaborato: “Qual è il metodo da scegliere per la rilevazione della temperatura corporea del paziente di terapia intensiva e cosa ci permette di dire che questo è veramente il più adatto?”
Per provare ad ottenere una risposta chiara ed attendibile, cercando anche di capire in base a cosa affermiamo che un presidio è migliore di un altro, è stata seguita la strada della ricerca bibliografica così da trovare articoli contenenti studi, lavori e prove di efficacia inerenti all’argomento. L’obiettivo vuole essere quindi quello di rispondere alla domanda di partenza, così da poter affermare se esiste un presidio più adatto di altri per rilevare il dato temperatura corporea. Inoltre sarà importante individuare che qualità deve avere tale strumento per poterlo fortemente consigliare e scegliere nella pratica assistenziale.
Il problema in questione non è una novità per l’ambito infermieristico infatti, già alla fine degli anni novanta, alcuni ricercatori si sono posti la domanda e sono stati pubblicati studi il cui scopo era capire quale fosse il miglior presidio ovvero, come dicono i colleghi americani, the best to measure body temperature (3), (4).
L’interesse infermieristico per l’argomento non è solo rimarcato dal Modello delle Prestazioni Infermieristiche o dal fatto che la TC sia considerata saggiamente parametro vitale per l’uomo, ma dalla professionalità e importanza che hanno ad oggi gli infermieri. Queste caratteristiche danno alla categoria infatti la possibilità e il dovere di chiedere e consigliare, ciascuno alla propria Azienda Ospedaliera ad esempio, l’acquisto di un presidio piuttosto di un altro più attendibile e sicuro per i pazienti assistiti. Non si dimentichi inoltre che il dato è misurato e registrato dagli infermieri che, avendo anche le competenze necessarie per intervenire in maniera primaria su stati di alterazione della TC, non possono permettersi di subire in maniera passiva decisioni riguardanti i metodi di erogazione dell’assistenza. Tutto nell’interesse dei pazienti assistiti ai quali vengono assicurati interventi infermieristici e medici appropriati e sicuri; decisioni prese sulla base di dati raccolti in maniera accurata e precisa.

METODI

REVISIONE DELLA LETTERATURA: BANCHE DATI E KEY WORDS
Per rispondere al quesito di partenza si è passati attraverso una revisione della letteratura che è stata effettuata consultando banche dati on line; in particolar modo è stato utilizzato il motore di ricerca PubMed per Medline che ha fornito un discreto numero di articoli di interesse ai fini dell’elaborato. Per limitare il campo di ricerca è stato utilizzato il thesaurus MeSH anche se spesso le subheadings proposte inserendo le parole chiave, non andavano a indagare il problema; altre risultavano poco utili per restringere il campo o viceversa lo limitavano troppo. Sono state consultate anche le banche dati Cinahl e Cochrane.
Le parole chiave utilizzate per la ricerca degli articoli sono state: Intensive Care Unit, Thermometers, Temperature measurement, Accuracy, Reliability.

CRITERI DI SELEZIONE DEGLI ARTICOLI

La ricerca e scelta degli articoli da approfondire è stata guidata ovviamente dal quesito di partenza; è stato però necessario inserire dei parametri selettivi in modo da individuare solo gli articoli effettivamente utili. Questo ha portato inevitabilmente all’esclusione di determinati lavori di ricerca. Si è scelto infatti di prendere in considerazione solo gli articoli, trovati inserendo le stringhe di ricerca, datati meno di dieci anni e quindi non antecedenti al 1998, anche se molti studi sull’argomento sono stati pubblicati già nei primi anni novanta.
Numerosi sono inoltre gli studi sperimentali effettuati in ambito pediatrico, si è deciso da subito di escludere questa categoria molto particolare di popolazione, e quindi i pazienti di terapia intensiva neonatale, per limitare il campo al paziente critico adulto.
Sono stati inclusi nella revisione della letteratura studi effettuati in terapie intensive generali o multidisciplinari. Un lavoro a parte meriterebbero invece le rianimazioni specialistiche come quella cardiochirurgica o neurochirurgia dato che, anche qui, il contesto attuale si è capito essere attualmente problematico e disomogeneo.
Al termine del lavoro di selezione sono stati ritenuti idonei e quindi analizzati 15 articoli scientifici.

RISULTATI

STRUMENTI DISPONIBILI PER IL MONITORAGGIO DELLA TC
La temperatura corporea è il risultato dell’equilibrio tra i processi di produzione e di dispersione del calore, ovvero la termogenesi e termodispersione; questi sono controllati da un centro termoregolatore che si trova nell’ipotalamo. Risposte di vasodilatazione o vasocostrizione, sudorazione e brividi, tachicardie e dunque un diverso trasporto di calore in un determinato tempo, sono le reazioni fisiologiche dell’organismo (5). L’uomo, in quanto parte delle specie omeotermiche, è in grado di mantenere una temperatura corporea su un valore di riferimento costante di circa 37°C, indipendentemente dalle variazioni della temperatura ambientale. Diversi fattori influenzano la temperatura corporea quali l’esercizio fisico, lo stress emotivo, il ritmo circadiano della giornata che ci porta ad avere valori generalmente più bassi nelle prime ore del mattino e più alti nel tardo pomeriggio, il ciclo mestruale nelle donne e altri ancora. Fattori questi spesso annullati, almeno in parte, se consideriamo un paziente ricoverato in terapia intensiva. Importante è invece segnalare come la temperatura vari in base alla sede di rilevazione, solitamente divise in sedi interne ed esterne: quelle interne ovvero le cavità dove si ha un contatto con le mucose, rilevano una temperatura all’incirca superiore di 0,5°C rispetto a quelle esterne dove il presidio viene posto a contatto con la cute. Questo rafforza l’importanza di scegliere un presidio e una sede ottimali e confrontabili tra i diversi pazienti.
La pratica clinica e la letteratura presentano una vasta gamma di presidi utili per rilevare la temperatura corporea di un essere umano (2). Il numero elevato di strumenti se da un lato da la possibilità di scegliere quale usare, dall’altro favorisce una disomogeneità di comportamenti anche dove questa non ha da esistere. Vi sono termometri che misurano la temperatura interna o esterna, di tipo più o meno invasivo, monouso o poliuso, a monitoraggio continuo o a singola misurazione. Vengono di seguito classificati in base alla sede di rilevazione indicando per ciascuna lo strumento che è possibile utilizzare per ottenere il dato (Tab.2).

SEDE DI RILEVAZIONE

STRUMENTO

Alluce

Sensore elettronico

Arteria Femorale/Brachiale/Polmonare

Sensore elettronico

Arteria Temporale

Sensore cutaneo elettronico

Ascella

Termometro elettronico

Termometro chimico

Sensore cutaneo elettronico

Termometro a mercurio

Cavo Orale

Termometro elettronico

Termometro chimico

Termometro a mercurio

Esofago

Sensore elettronico

Fronte

Termometro chimico

Termometro a raggi infrarossi

Inguine

Termometro elettronico

Termometro chimico

Sensore cutaneo elettronico

Termometro a mercurio

Nasofaringe

Sensore elettronico

Orecchio

Termometro a raggi infrarossi

Retto

Termometro elettronico

Termometro chimico

Termometro a mercurio

Sonda rettale profonda

Vagina

Termometro elettronico

Vescica

Sensore elettronic

 

Non tutte le sedi e presidi sono utilizzabili in ogni persona e in ogni momento, alcuni infatti sono dedicati esclusivamente a determinati scopi. Ad esempio il termometro vaginale viene esclusivamente utilizzato per la misurazione della temperatura basale, al fine di monitorare le fasi del ciclo riproduttivo nella donna; oppure il sensore posto sull’alluce riservato generalmente agli interventi chirurgici che richiedono un dato che rifletta la circolazione e temperatura periferica.

Altri presidi invece sono piuttosto interscambiabili tra loro, soprattutto in area critica, dove la gamma di scelta è veramente ampia.

CONFRONTO TRA I PRESIDI

La ricerca bibliografica ha posto all’attenzione dell’autore diversi articoli interessanti ai fini dello scopo iniziale; questi generalmente riguardano studi sperimentali effettuati paragonando due o più presidi per la misurazione della temperatura corporea. La popolazione degli studi è sempre quella dei pazienti con problematiche mediche, chirurgiche o traumatiche ricoverati in una terapia intensiva. In alcuni casi viene semplicemente indicato come soggetto dello studio il paziente critico, the critically ill adults, oppure il paziente di terapia intensiva, the patient in the ICU, senza specificare la patologia motivo del ricovero.
Il termine di paragone più usato negli studi è senz’altro lo Swan Ganz: tale presidio, grazie a una sonda termica posizionata direttamente in arteria polmonare, è considerato il gold standard in quanto misura la temperatura proprio nel torrente circolatorio (6, 7, 8, 9). Con un principio simile, anche il PiCCO, che prevede la costituzione di una linea arteriosa femorale o brachiale, offre un dato preciso della temperatura del sangue. E’ considerato, non dovendo attraversare il cuore, un presidio meno invasivo e meno pericoloso dello Swan Ganz. Entrambi, grazie alla tecnica della termodiluizione in vena centrale, sono strumenti d’eccellenza per il calcolo di parametri emodinamici vitali.
Questo spiega dunque perché tali presidi siano stati presi come termine di paragone negli studi effettuati, così da valutare la precisione degli altri strumenti coi quali è possibile rilevare la temperatura corporea.
Nel 1999 Giuliano et al (6) pubblicano su Critical Care Medicine uno studio prospettico, descrittivo e comparativo il quale afferma che, se la temperatura non è rilevabile in arteria polmonare, il termometro elettronico orale risulta più accurato e attendibile del termometro timpanico. Uno studio simile (10) verrà pubblicato dagli stessi autori l’anno seguente anche su American Journal of Critical Care. Anch’esso sostiene l’utilizzo del termometro orale a discapito del timpanico in quanto produce meno misurazioni variabili.
Nel 2002, su quest’ultima rivista, viene presentato uno studio che prende in considerazione il monitoraggio della temperatura vescicale tramite catetere dedicato (11). Questo è consigliato soprattutto in casi di normotermia o ipertermia, meno attendibile in condizioni di ipotermia. La temperatura vescicale, secondo Fallis, non è considerata la vera temperatura centrale ma riflette più velocemente le variazioni di temperatura rispetto al termometro rettale o frontale, meno veloce invece della sede esofagea. Inoltre, il monitoraggio continuo della diuresi richiesto nei pazienti critici, fa si che questo strumento sia già parte dei presidi presenti nella persona.
L’anno seguente, Intensive Care Medicine, pubblica uno studio comparativo che prende in considerazione il termometro vescicale, esofageo, rettale, ascellare e inguinale (7). Termine di paragone sempre la temperatura in arteria polmonare. Lo studio mette in luce la miglior attendibilità dei termometri vescicale ed esofageo rispetto al rettale e sconsiglia l’utilizzo della sede ascellare e inguinale.
Uno studio danese del 2003 va invece a confrontare il termometro vescicale con quello cutaneo frontale e timpanico (12). Viene affermata in questo caso la possibilità di utilizzare la sede timpanica in alternativa a quella vescicale, non supportato l’uso della sede frontale.
Una possibile novità viene presentata in uno studio belga del 2005 (13); questo propone un termometro che rileva tramite sonda cutanea la temperatura in arteria temporale, ovvero una diramazione della carotide. La sua attendibilità viene sostenuta nei pazienti normotermici se confrontata col termometro ascellare; non sufficiente invece paragonata ai termometri orale, vescicale e rettale.
Nello stesso anno infermieri inglesi vanno a verificare l’utilizzo di due termometri non invasivi: un termometro chimico inserito nella cavità orale e ascellare con uno timpanico mantenendo, come eccellenza di paragone, la temperatura misurata in arteria polmonare (14). Il risultato predilige l’utilizzo del termometro chimico che sembra essere più accurato e veritiero in casi di febbre clinicamente significativa, questo a discapito del termometro timpanico.
Sempre nel 2005 studiosi spagnoli, dato il mancato supporto circa l’utilizzo del termometro a mercurio ascellare, effettuano uno studio per determinare se il termometro auricolare a raggi infrarossi può essere una buona alternativa (9). Questa ipotesi viene confermata infatti i due metodi danno risultati correlabili e significativi.
Un punto della situazione viene fatto nel 2006 da alcuni infermieri statunitensi (15); essi indagano, attraverso una revisione della letteratura, lo stato della scienza circa la misurazione della temperatura in pazienti critici, con presidi non invasivi. Il termometro timpanico, fino a quel tempo ritenuto lo strumento migliore, non trova più supporto dagli studi fatti di recente che invece privilegiano l’uso del termometro orale nella popolazione critica adulta.
Sempre nell’ambito dei presidi non invasivi, uno studio condotto in Olanda, va a valutare la validità e accuratezza del termometro cutaneo che rileva la temperatura dell’arteria temporale (16). Si nota che questi sottostima, nei primi minuti di rilevazione, la temperatura centrale in casi di incremento del dato, paragonato ad un termometro rettale ed esofageo. Questo studio non supporta così l’utilizzo di tale presidio, affidabile solo in condizioni stazionarie del paziente.
Non sempre però gli autori dei diversi articoli recuperati si sono sbilanciati a favore di un presidio; questo per esempio nello studio pubblicato sul British Journal of Nursing nel 2006 (17). Paragonando la rilevazione con termometro timpanico e quella con termometro No-Touch, al termine dello studio gli autori non sono stati in grado di affermare quale dei due presidi sia più accurato.
Si arriva così al 2007, anno nel quale viene pubblicato su American Journal of Critical Care uno studio che valuta l’accuratezza e la precisione di termometri non invasivi in pazienti di terapia intensiva, termine di paragone la temperatura in arteria polmonare (18). I risultati ottenuti supportano le misurazione della temperatura orale e dell’arteria temporale a discapito della sede ascellare e auricolare. Viene precisato inoltre come l’intubazione oro-tracheale dei pazienti possa in parte inficiare il dato ottenuto col termometro orale, così come la sudorazione quello ottenuto dall’arteria temporale.
Contemporaneamente il Critical Care Medicine presenta un trial prospettico condotto in Australia (8); questo confronta l’accuratezza della temperatura timpanica, vescicale e ascellare con quella dell’arteria polmonare. Le conclusioni sostengono l’inferiore correlazione tra la misurazione timpanica e quella polmonare rispetto a quella vescicale. L’uso del catetere vescicale come termometro, è una ragionevole alternativa al catetere posto in arteria polmonare.
Un ulteriore studio preso in considerazione è stato prodotto a Vienna e raffronta la misurazione effettuata col termometro vescicale rispetto alla rilevazione della temperatura dell’arteria temporale (19). Quest’ultima non può essere ancora considerata una buona sostituzione al termometro vescicale, i risultati dello studio non hanno infatti dimostrato l’adeguatezza di tale sede.
L’articolo più recente risale a gennaio 2008; a pubblicarlo è stato un infermiere statunitense, del Colorado (20). Egli, dopo aver confrontato l’utilizzo del termometro timpanico con quello orale, ribadisce l’importanza di trovare il sito ottimale per ogni paziente; solo così sostiene si possono avere dati veloci e veritieri.
Gli studi fin qui presentati, come detto in precedenza, sono stati effettuati in terapie intensive generali, multidisciplinari o non specificate. Interessante sarebbe sapere se sono presenti in letteratura anche studi effettuati in aree intensive post cardiochirurgia o neurochirurgia, così da capire se esistono indicazioni differenti sul presidio da utilizzare.

CARATTERISTICHE DEL PRESIDIO IDEALE

Dagli articoli letti è stato possibile capire quali sono le caratteristiche e peculiarità che fanno di un presidio il miglior presidio, in questo caso di un termometro il miglior termometro (21). La parola “migliore” però non è quella ideale, più indicato è infatti parlare di presidio suitable ovvero appropriato, conveniente, adatto. Per essere definito tale, un termometro deve avere delle caratteristiche essenziali e alla luce degli studi esaminati, possiamo dire che sono le seguenti citate prima in inglese poi commentate in italiano, anche se spesso la traduzione non è così letterale.
– ACCURACY: si parla di esattezza, un termometro deve essere esatto, giusto, veritiero nel fornire il dato che effettivamente sta rilevando in quel preciso istante.
– RELIABILITY: ovvero affidabilità. E’ necessario avere un presidio fidato e credibile perché sulla base del dato fornito vengono fatte scelte importanti. Deve inoltre creare un numero quasi nullo di possibili problemi alla persona e al presidio stesso.
– COST/CHEAPNESS: è giusto e doveroso tenere in considerazione anche il prezzo che l’azienda deve pagare per avere un determinato presidio e per il suo mantenimento. Sbagliato acquistare il più economico di tutti se questo non rispetta le altre caratteristiche qui elencate ma altrettanto errato andare alla cieca consigliando l’acquisto del più caro, anche perché non è detto sia quello più adatto.
– SAFETY: la sicurezza in primis si usa dire, e anche in questo caso questa caratteristica è fondamentale. Si deve utilizzare un termometro che dia il minor numero di rischi sia nella fase di inserimento o posizionamento, sia nel momento della rilevazione e monitoraggio, sia nella rimozione. Non deve essere causa di danni fisici al paziente ne al professionista.
– TIME REQUIRED TO OBTAIN RECORDING: l’ideale è avere un termometro il più rapido possibile nella rilevazione del dato, in questo modo si possono notare precocemente variazioni di temperatura e intervenire, se necessario, in tempi brevi. Importante anche tener presente che nei pazienti con bassa compliance o molto agitati non è sempre facile lasciare un presidio in sede per più di qualche secondo.
– PATIENT’S COMFORT: questo punto si collega bene col precedente. Il posizionamento e la permanenza in sede di un termometro dovrebbe creare il minor disagio possibile al paziente. Qui l’esempio più citato in letteratura è quello del termometro rettale, una volta molto diffuso ma sicuramente causa di imbarazzo e fastidio per la persona.
– EASE OF USE: gli studi evidenziano la correlazione tra cura nella rilevazione e la misurazione del dato, questo soprattutto se si tratta di un presidio non invasivo. La difficoltà nel trovare e reperire la giusta sede dove posizionare la sonda unita alla difficoltà nell’eseguire la manovra sono causa di errore nell’ottenimento del dato.
La giusta combinazione di queste caratteristiche porta così ad avere il presidio più adatto e conveniente da utilizzare per rilevare la temperatura corporea; questo sempre nell’interesse della persona e dei professionisti coinvolti nella misurazione del dato.

CONCLUSIONI

La temperatura corporea è costantemente monitorata in terapia intensiva. Il suo valore influenza scelte riguardanti esami diagnostici, per esempio le emocolture, e decisioni terapeutiche quali l’inizio o la sospensione di una terapia antibiotica (22).
La rilevanza nella pratica clinica del dato temperatura corporea ha fatto si che da parecchi anni diversi studi abbiano approfondito l’argomento. Molti hanno messo a confronto i presidi disponibili sul mercato verificando accuratezza, precisione e affidabilità del dato fornito.
Alla luce del materiale trovato effettuando la ricerca bibliografica e dopo l’analisi degli articoli reperiti, è possibile quindi rispondere alla domanda di partenza affermando che la letteratura non si è ancora espressa in modo chiaro e unanime sulla scelta del presidio più adatto da utilizzare per rilevare la TC del paziente di terapia intensiva. Certo il gold standard, non che termine di paragone per molti termometri in alcuni studi, sono lo SwanGanz o il PiCCO di ultima generazione. Questi strumenti, utilizzati per la valutazione del quadro emodinamico di pazienti instabili sotto questo profilo e dotati di cateteri posizionati direttamente in arterie di grosso calibro come l’arteria polmonare , femorale o brachiale, sono però piuttosto complessi e il loro inserimento e gestione non poco rischiosi. La singola determinazione di un valore esatto di temperatura corporea non giustifica certo il loro posizionamento.
Se non presenti dunque questi presidi per il monitoraggio emodinamico, che comunque rilevano la vera e propria “core temperature”, sembra essere consigliato l’utilizzo del catetere vescicale con termosonda che misura la temperatura in vescica. I vantaggi di questa metodica sono la sua sicurezza, attendibilità, economicità e velocità di rilevazione del dato possibile in continuo; senza dimenticare il minor disagio creato al paziente che, nella quasi totalità dei casi, è già portatore di catetere vescicale per il deflusso dell’urina.
Come seconda scelta è discretamente supportato l’uso del termometro orale anche se, il valore ottenuto, può essere influenzato da fattori esterni quali la presenza del tubo orotracheale. Come terza possibilità si pone l’uso del termometro timpanico, il suo utilizzo però richiede una accurata preparazione dell’operatore che deve essere ben istruito sulla corretta metodica di rilevazione. In ultimo è ritenuta discretamente attendibile la temperatura dell’arteria temporale. Sicuramente poco raccomandato, anche se tuttora molto diffuso probabilmente perché il più economico, l’utilizzo del termometro ascellare a mercurio. Tale presidio è per altro vietato alla vendita sul mercato da gennaio 2009, in quanto il metallo liquido contenuto nella colonnina del termometro, è ritenuto tossico e dannoso per la salute umana e per l’ambiente.
Una discriminante per scegliere il presidio resta sicuramente il tempo di permanenza previsto per il paziente. Sta al buon lavoro d’equipe medico-infermieristica capire quale presidio, tra il catetere vescicale per il monitoraggio continuo e il termometro timpanico per quello non continuo, risulta più adatto alla persona assistita. Ciò non toglie che in una terapia intensiva dove viene utilizzato un presidio consigliato dalla letteratura, per determinati pazienti con problematiche specifiche, possa e debba essere adottato un altro tipo di termometro. L’assistenza infermieristica, anche nel monitoraggio dei parametri vitali come la temperatura corporea, rimane infatti sempre personalizzata.
Non ancora del tutto uniformi rimangono comunque i pareri degli esperti e le conclusioni degli studi presi in considerazione, che sostengono la scelta di un presidio a discapito di un altro. Ulteriori studi sono necessari per poter arrivare ad una conclusione tale da poter uniformare, nelle diverse aziende ospedaliere e singole unità operative, la metodica di rilevazione e monitoraggio del dato o comunque chiarire i criteri soggettivi che orientano la scelta del metodo.

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23. Parlamento Europeo: info. Finisce l’epoca dei termometri al mercurio. [on line] Disponibile da:
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+IM-PRESS+20070706IPR08897+0+DOC+XML+V0//IT
[Consultato il: 18 settembre 2008].

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